La Meloni toglie ai poveri e non tocca i ricchi e la “casta”: Il vitalizio dei politici, ancora in eredità ai congiunti

Il Governo Meloni, sin dal primo giorno non ha mai dichiarato la propria disponibilità a supportare singoli e famiglie in difficoltà, e tanto ne è la dimostrazione che, nei suoi primi passi, invece di provvedere ad annullare le pesanti pendenze fiscali che toccano la quasi totalità della popolazione (portando alcuni anche al suicidio), e strutturare anche un consistente aiuto economico in grado di permettere ai cittadini meno abbienti di poter pagare le sempre più salate bollette di luce e gas, ha pensato di emettere altri provvedimenti, che non hanno nulla a che vedere con i veri bisogni e le richieste degli italiani.

Ed ulteriore dimostrazione che la Meloni ed il suo staff governativo non vogliono intaccare i privilegi sia della “casta” sia di coloro che godono di grande benessere economico, è il fatto che sia lei, sia nessun rappresentante del suo Partito e del suo Governo, ha minimamente pensato di tirare in ballo il problema sia dei vitalizi dei parlamentari, sia la reversibilità di tali vitalizi, che dopo la loro morte vedono questo ingiusto privilegio economico assegnato ai congiunti degli stessi, indipendentemente dalle loro condizioni economiche.

E questo problema, che meriterebbe di essere risolto al più presto, non è dei giorni nostri, tanto è vero che anche il quotidiano “Il Giornale”, in un articolo del febbraio 2016 (ben sette anni fa), mirato a mettere in mostra le storture del nostro sistema politico e pensionistico, riportava quanto segue:

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Si potrebbe magari iniziare proprio dalle pensioni di reversibilità di cui godono gli eletti in politica, parlamentari e consiglieri regionali. Mogli, mariti, figli, fratelli che per anni o decenni campano con il vitalizio dell’ex onorevole trapassato.

Un assegno, nella maggioranza dei casi, ottenuto con una contribuzione minima, una sola legislatura, o un solo mese, addirittura un solo giorno in Parlamento (il mitologico deputato Luca Boneschi, dei Radicali, ventiquattrore alla Camera nel febbraio dell’82, pensione a vita).

Con 945 parlamentari (più i senatori a vita, adesso sono cinque) per ogni legislatura e relativo parentado, gli assegni da pagare sono parecchi, e per parecchio tempo.

Nel bilancio 2015 compare una voce, «Assegni vitalizi di reversibilità», e un numero: 25,3 milioni di euro, la cifra complessiva sborsata da Montecitorio per le pensioni de parenti di ex deputati defunti, solo nel 2015.

Per il Senato, che ha un numero minore di componenti, la spesa per le pensioni di reversibilità è più bassa ma sempre milionaria: 18 milioni di euro (in un anno).

Significa che gli assegni di reversibilità dei due rami del Parlamento costano ogni anno oltre 40 milioni di euro.Abbiamo chiesto alla Camera quanti siano gli onorevoli parenti che godono del trattamento previdenziale di reversibilità, è la risposta è 652.

Le regole sono stabilite dall’ufficio di presidenza della Camera («Regolamento per il trattamento previdenziale dei deputati»), e prevedono che il vitalizio del parlamentare vada al coniuge superstite (nella misura del 60%, più 20% per ogni figlio), oppure in mancanza di vedovi ai figli superstiti, oppure in mancanza di prole a fratelli e sorelle «che risultino fiscalmente a carico del deputato deceduto».

I consigli regionali non si sono certo lasciati sfuggire la cuccagna. Solo la Regione Sicilia paga ogni anno 117 assegni di reversibilità che pesano sul bilancio regionale 6 milioni di euro.

Il caso più spettacolare è quello di Anna Maria Cacciola, figlia di Natale Cacciola, messinese che si candidò all’assemblea sicula con il partito Monarchico.

Nel 1947. Dopo solo tre anni l’onorevole (titolo che spetta ai consiglieri regionali in Sicilia) finì il suo mandato, e in base a quei tre anni passati lì maturò il vitalizio di attuali 2mila euro al mese.

Passato a miglior vita, l’assegno è stato trasferito per «reversibilità» alla suddetta figlia Anna Maria, che lo incassa da ben 41 anni, senza aver mai neppure messo piede all’assemblea regionale.

Così pure gli eredi del marsalese Ignazio Adamo, eletto nel 1955, defunto nel 1973.

Da quell’anno, cioè da 43 anni, l’assegno di 3.900 euro è stato versato prima alla vedova, e ora – dopo la scomparsa della signora Adamo – alla figlia. Anche in Abruzzo i congiunti di 34 ex consiglieri regionali ricevono ogni mese un assegno di reversibilità pari al 50% dell’importo che spettava ai loro cari, mentre la Campania spende un milione e 700 mila euro per mantenere in tutto 184 coniugi, figli e parenti di ex consiglieri defunti. Vitalizi infiniti, anche dopo la morte.

Artcolo originale consultabile tramite il seguente link: https://www.ilgiornale.it/news/politica/vitalizio-dei-politici-non-finisce-mai-va-eredit-coniugi-fig-1225224.html

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