Appalti pubblici: In tempi di Coronavirus girano molti soldi e le gare fanno gola a Mafia ed imprenditori disonesti

Mafia ed imprenditori disonesti pronti ad approfittate dell’emergenza sanitaria mondiale

Oltre 25 milioni di euro spesi finora dalla Protezione civile per acquistare mascherine, respiratori, dispositivi di protezione.

Soldi che provengono dalle donazioni. E poi c’è il flusso di denaro pubblico utilizzato per fronteggiare l’emergenzaCoronavirus. È questa la fetta di mercato che fa gola a tanti: non solo le mafie, ma anche a una parte dell’imprenditoria consapevole di come da questa emergenza, come da tutte le altre, ci si possa guadagnare.

È capitato ogni volta che l’Italia si è ritrovata a dover affrontare le conseguenze di un terremoto, come quello dell’Aquila, odi ogni altra catastrofe. In altre occasioni le vittime erano coloro che rimanevano sotto le macerie.

Oggi, con il Paese alle prese con la battaglia contro il Covid-19, i morti si contano negli ospedali e non solo. Allora come adesso c’è chi pensa ai profitti, con conseguenze drammatiche per la salute dei cittadini e per le casse dello Stato.

E lo sanno bene molti investigatori che osservano le manovre speculative messe in piedi ogni giorno. Ci sono dunque coloro che immettono sul mercato dispositivi di protezioni a prezzi esorbitanti che le Asl locali o anche gli ospedali sono costrette a pagare: mascherine e respiratori sono necessarie, non ce ne sono abbastanza.

Bisogna averle, anche a costo di pagarle a caro prezzo.

Accanto a questa categoria ci sono altri due aspetti che preoccupano gli investigatori: da una parte il rischio che venga venduto materiale “difettoso”, con tutti i danni che ne derivano per la salute delle persone; dall’altra l’esistenza di una fetta di imprenditori che partecipano alle gare pubbliche pur sapendo di non averne i requisiti (e si nascondo magari dietro qualche prestanome) o anche di non essere in grado di soddisfare realmente le richieste dell’appalto.

Quando queste anomalie emergono le gare vengono annullate, causando ritardi che lo Stato non può permettersi.

È UN ASPETTO emerso nell’inchiesta della Procura di Roma che ieri ha portato all’arresto di un imprenditore di Cassino: aveva vinto un lotto di una gara Consip che prevedeva il rifornimento di 24 milioni di mascherine chirurgiche (per un valore complessivo di 15,8 milioni di euro). Dispositivi mai arrivati.

L’imprenditore –secondo il gip che ha emesso un’ordinanza di misura cautelare –ha partecipato alla gara “con lesione della libertà della concorrenza e causando un danno grave alla salute pubblica, avendo fatto perdere giorni preziosi nella acquisizione delle oggi indispensabili mascherine”.

Il tempo e la capacità di consegna sono i “due protagonisti” della gara Consip al centro della vicenda finita al vaglio dei pm capitolini. Ma sono gli stessi aspetti che caratterizzano gli appalti indetti in questo momento di emergenza: avere forniture pronte da consegnare in tempi strettissimi.

L’arresto di ieri della Procura di Roma è il primo che riguarda reati contro la Pubblica amministrazione in tempi di coronavirus. E si può immaginare che non sarà l’ultimo. Poi ci sono i rincari.

Tutti conoscono il boom dei prezzi di mascherine e gel disinfettanti. Li comprano i privati, ma anche le amministrazioni pubbliche.

A Bari, la Procura ha scoperchiato il vaso delle mascherine sanitarie FFP3 del valore di 36 centesimi che venivano rivendute agli ospedali pugliesi fino a 20 euro l’una.

Sono state scoperte manovre speculative sulle merci per rincari fino al 4.000%.

————————–

Estratto di un articolo di Valeria Pacelli pubblicato su “Il Fatto Quotidiano”, http://www.ilfattoquotidiano.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *